ULTIMI GIORNI (3)
Stamattina ho deciso di
prendere l’auto. Mi sono diretto nel paese più vicino, non per carenza di beni
(sono ancora fornito), ma per rendermi conto della situazione. All’inizio
probabilmente mi vedevano come un pazzo, un esaltato con idee strane. Ora
potevo osservare il nervosismo delle persone. Ho notato che alcuni stavano
caricando le macchine all’inverosimile: dove erano diretti? In vacanza o in
cerca di salvezza? Non esiste un posto sicuro, solo l’illusione di rimandare
una fine già scritta. Gli ultimi giorni li avrebbero inseguiti ovunque. Ma anche io ho scelto la fuga, quindi non posso giudicare
nessuno. Mi sono fermato a un bar per vivere, forse per l’ultima volta, il
contatto con altre persone che fingono una normalità impossibile.
Uno affianco a me lo
conoscevo, era armato, lo si intuiva, e ho pensato: se una guerra ci dividesse, potrei
ucciderlo? Se fossimo uno contro l’altro riuscirei ad odiarlo? Mi
convincerebbero a farlo? Perché dovrei odiare un’altra persona solo per
comando? Ci obbligano a odiare, a combattere, nascondendoci le reali
motivazioni. Preferisco passare per vigliacco che diventare uno strumento di
morte. Ogni guerra è una guerra di conquista, travestita da belle motivazioni,
sicuri della nostra assoluta incapacità di riflettere e capire. Persone amiche che diventano uno il carnefice dell'altro, solo perché comunicano che devi comportarti così, e diventi uno strumento consapevole, perdendo quell'umanità che pensavi di possedere. Ma era tutto un sogno.
Sono uscito. Si era
alzato il vento e non mi sentivo più così sicuro, allora sono tornato alla mia
casa nel bosco: solo, sperduto e tranquillo.
foto di JJ D'Atlant
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